LA SPESA AI TEMPI DEL LOCKDOWN

I guanti: eccoli. Mi hanno sempre affascinato i guanti, quelli neri in pelle sottile. Da donna, naturalmente, che una volta indossati davano alla mano un aspetto affusolato, simbolo di un’eleganza anni ’50 fatta di cipria e velette, tailleur e cappelli, che ho sempre ammirato, ma non proponibile ai nostri tempi. Sin da piccola ho provato un’attrazione quasi fatale verso questo accessorio che mia mamma usava spesso e custodiva con cura: aveva poche cose, ma di gusto e bentenute come quei guanti. Glieli invidiavo, per questo e non potendone avere di miei, li cercavo, lisci e morbidi, frugando di nascosto nella sua borsetta. Quando riuscivo  ad agguantarli ( é proprio il caso di dirlo), li toccavo per sentirne la morbidezza e li annusavo: avevano lo stesso profumo della sua colonia e del suo rossetto, con i quali condividevano lo spazio in cui erano riposti.                                                                                                                                                   Avessi saputo che la maturità mi avrebbe consegnato in uso questo triste ed anonimo paio di guanti, penso che avrei deciso di restare piccola! Meglio.

Bianchicci o giallognoli che dir si voglia, sacrificano al loro destino di prodotto monouso ogni velleità di eleganza e virano decisamente verso uno squallido anonimato.

Aderenti, ma non certo sexy ( se è per quello nemmeno passabili )  sono purtroppo tristemente obbligatori attualmente. E non sono nemmeno profumati: da accessori ricercati a Cenerentole del look, dall’acquaio al carrello del supermercato. Una carriera sfolgorante.

Guanti e mascherina: devo uscire, la mia meta  è il supermercatino del paese, poco fornito essendo l’unico nel territorio comunale, quello a  cui posso legalmente accedere.  A quello del paese vicino ci si va in giorni stabiliti e  determinati dalla lettera iniziale del cognome! Rimane comunque l’avvenimento mondano della settimana, che unito ad una capatina in farmacia dà un “brivido” di vita a questi giorni smorti!

La mascherina dicevo. Primo: averla è già un lusso, trattasi di un modello senza pretese, decisamente basic che fa tanto chirurgo. Poi il dubbio: meglio questa o quella di cotone a fiorellini  lavabile ” home made” frutto  della cortesia e dell’intraprendenza dell’Ernestina, che gentilmente me ne ha regalato una, a testimonianza della sua  buona manualità e del suo buon cuore?

Devo ragionare da virus, penso e nel dubbio le indosso entrambe, una sopra l’altra, vogliamo o no rendere la vita difficile a questo virus? Sì, solo che qui dentro anch’io ho vita difficile! I miei atteggiamenti claustrofobici in questa situazione danno il peggio di se stessi, per cui cambio parere ed opto per un altro modello, in tessuto -non tessuto con esterno in Gor..(stavo scrivendo Goretex!), ma forse non sarebbe una cattiva idea: uno straterello sottile e via, risolto il problema delle  goccioline. Questo è  uno solo vagamente impermeabile, ma puo’andare. Forse a scegliere un intero guardaroba avrei fatto prima, ma mi ci abituerò.

I preparativi per l’uscita hanno quasi i tratti di un rito iniziatorio che prevede vari passaggi: borse, quelle lavabili e non shopper di plastica, lista ordinata della spesa con gli articoli elencati secondo raggruppamenti di genere per fare prima e sostare meno tempo fra  gli scaffali, fazzolettini di carta per starnuti improvvisi ma fisiologici, che potrebbero invece generare  sospetti, chiavi e…via. Devo combattere con quella strana paura di uscire che mi è presa e che mi fa sudare, ma mi vinco e parto. Poi un dubbio sorge spontaneo: l’autocertificazione! Sì, ma quale delle numerose versioni prodotte dal governo insieme a tanta burocrazia e pochi soldi? Non torno indietro, al massimo…mi arrestano, tanto prigione per prigione…almeno lì non devo fare la spesa.

Gettone alla mano per il carrello, preparato in tasca a casa, così  non lo cerco, lunga  fila sotto il sole, sorsata di acqua fresca per non  arrivare con 38 gradi al controllo temperatura e finalmente tocca a me, mentre il lungo serpentone dei carrelli si muove lentamente in un silenzio…metallico, profondo, creando    suspence, quasi un’atmosfera da  film western. “Mezzogiorno di fuoco” o ” Sfida all’Ok Corral”, si può scegliere. Manca solo Clint Eastwood, o forse è lui, quello con la pistola…del termoscanner in mano!

Mi muovo circospetta tra gli scaffali: mi sembra un mondo nuovo dopo giorni di forzata clausura!                                                                                                                                                                                       Il  sudore cola copioso e corre lungo la schiena mentre consulto la lista strategicamente posizionata, poi afferro gli oggetti dagli scaffali e gli occhiali sono appannati da un vapore  caldo e profumato di dentifricio alla menta: effetto nebbia in  Valpadana assicurato. Tento con varie strategie suggerite dai tutorial di internet di rimediare all’inconveniente e alla fine opto per  l’antico e collaudato sistema: abbassare gli occhiali sulla punta del naso e guardare da sopra. In questo modo, essendo miope, devo avvicinarmi tantissimo alle etichette per leggerle;  stavolta effetto talpa garantito, il che non mi esenta comunque da errori in questa spesa che sembra più una predazione compulsiva che un approvvigionamento alimentare.    I pensieri, poi,  non mi abbandonano :” Veloce, fai veloce,c’è gente dopo di te e…spostati, attenta sta arrivando una commessa spuntata all’improvviso da dietro uno scaffale, ma ci sarà un metro fra me e questo signore…aspetta che mi sposto”. E il balletto fra gli scaffali continua fino ad esaurimento …lista!

Poi il balletto continua alle casse, dove protagonisti sono i carrelli, con sporadici tamponamenti, generati dal  tentativo di seguire le istruzioni della cassiera, trasformatasi in  zelante dirigente del traffico: ” Stia ferma lì, adesso proceda, no dicevo a lei,  si sposti almeno un po’, no più destra”, intima in tono perentorio. Manca solo che estragga il libretto delle contravvenzioni da sotto la cassa!  Così, dopo l’emozionante esperienza della “pistola” del termoscanner  puntata alla fronte, abbiamo completato il quadro.                                                                                                                                                                  Non mi aspettavo, invece, l’ultimo inconveniente: la mossa perfida del guanto di gomma che si impiglia nella cerniera del portafoglio, ne blocca lo scorrimento e sfuggendo ad ogni mio tentativo conciliatorio, rimane incastrato riducendosi in mille barandelli. Che non fosse bello questo guanto lo sapevo, ma che fosse anche così testardo …mi mancava.  Alla fine sfilo la mano e con manovre degne di un contorsionista, riesco a raggiungere il bancomat, sperando che in questo attimo il virus sia occupato altrove e non nutra alcuna attrazione per la mia mano.

Un’occhiata rapida ad un altro carrello in transito mi conferma un dubbio: ora so con certezza di aver dimenticato di comperare “una cosa” ( quella che manca sempre quando arrivi alla cassa) , ma io là dentro non ci torno…pane e cipolla, piuttosto!

Finalmente guadagno l’uscita, “a riveder le stelle”, anzi il parcheggio, ma va bene lo stesso perchè a me sembra bello come un cielo stellato. All’aperto,wow! Salva.                                                                                                                                                                                                In auto tiro un sospiro di sollievo e subito parto all’attacco con lo spruzzino ricolmo di disinfettante che occhieggia dalla mia borsa: volante, mani sedili …nulla si sottrae alla precisione millimetrica del suo spruzzo alcoolico.  Arrivo a casa stanca come se avessi sostenuto una battaglia di epiche dimensioni, senza calcolare che devo ancora igienizzare la spesa e riporla. La tensione si allenta e il sudore cola copioso, il dispendio calorico è sicuro: avrò perso almeno un chilo, credo. Spero.

Con tutti quelli aggiunti in  questa prigionia forzata ricca di torte, pizze e focacce consolatorie… mi sta anche bene. Vuoi vedere che, oltre i mille aspetti negativi, la spesa ai tempi del  lockdown abbia almeno un piccolo aspetto positivo?

 

Liliana Salvalajo